Episodio 01: le Beatitudini.
Per comprendere bene il messaggio e la vita di Gesù, per capire quanto la sua vicenda abbia a che fare con la mia vicenda, quanto mi venga chiesto anche di crescere nella Fede, nella fiducia in Lui; per comprendere, non solo intellettualmente, ma a livello proprio di esperienza personale, quanto Gesù è importante e ha a che fare con la mia vita, l’esperienza mi insegna che non dobbiamo concentrarsi solo su COSA Gesù dice, ma unire al ‘cosa’ anche il COME Gesù lo dice.
Volendo usare una terminologia moderna, parliamo rispettivamente del linguaggio verbale e del linguaggio non-verbale di Gesù.
L’attenzione della Chiesa e anche quella normale a livello popolare si concentra più sul verbale, cioè sul cosa Gesù dice, sul contenuto del suo messaggio. Ma l’efficacia del COSA Gesù ha detto è fortemente potenziata dal COME Gesù l’ha detto, e c’è estrema coerenza tra i contenuti e le modalità in cui Gesù li esprime.
Quindi il modo in cui Gesù si pone con le persone singolarmente e con le folle, coi capi, con le donne e con gli uomini, coi bambini, con i malati e con i sani, ebbene, questo COME è sicuramente importante e sono davvero convinto che occorra recuperarlo, perché senza di esso è come se guardassimo un Gesù ‘monco’, non completo.
E allora entriamo in alcuni episodi della vita per sottolineare come Gesù parla.
Per capire questo COME.
Partiamo dalle “Beatitudini”, nel Capitolo 5 del Vangelo di Matteo: siamo all’inizio del discorso della montagna.
Mi è capitato di leggere questo brano durante vari incontri di spiritualità che ho tenuto con famiglie e adulti: in queste occasioni ho cercato di tenere una domanda molto aperta su cosa offrisse loro il brano; tutti si concentravano sul contenuto, chi su una beatitudine chi sull’altra, chi ne tirava fuori un discorso più o meno teorico, o più o meno pratico sul loro insieme. Questa domanda è stata fatta in diversi gruppi e diverse situazioni, ma nessuno si è soffermato a notare questo:
“Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: Beati…”.
Ma rimaniamo sui primi versetti.
“Vedendo le folle”.
C’è un atteggiamento fondamentale di Gesù: Gesù VEDE le folle. Vede la gente. E la gente si sente vista, ma non con modalità indagatoria, o di curiosità per via di qualche pettegolezzo.
E già qui avremmo da riflettere: quanti dei nostri lavori cambierebbero completamente di qualità se noi ‘vedessimo’ le persone che abbiamo di fronte?
Una maestra vede i bambini della sua classe? Un medico vede il paziente? Un prete vede i fedeli? O le persone che ci stanno davanti sono solo teste vuote da riempire, cartelle cliniche da compilare, gente senza fede da convertire ?
Andiamo avanti. Gesù vede le folle, sale sulla montagna e fa un gesto strano:
“Messosi a sedere”.
Ora, che gesto è mettersi a sedere?
Questo lo possiamo sperimentare in continuazione: mettersi a sedere ha il grande significato di mettersi allo stesso livello delle altre persone con cui io sono in correlazione.
Gesù non si mette uno o due gradini sopra ma, addirittura, si siede, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare da chi deve farsi sentire, considerando che all’epoca non c’erano megafoni o impianti audio… Ma soprattutto, il mettersi a sedere è un gesto assolutamente contrario anche al modus operandi dei rabbini, che insegnavano in piedi.
E questo non è poco, anzi, è un atteggiamento fondamentale: mettersi alla pari.
Anche il moderno linguaggio scientifico definisce questa situazione, usando l’espressione “uguaglianza asimmetrica”: Gesù ha un ‘peso’ diverso, come una maestra ne sa più di un bambino, quindi non è uguale solo perché si siede; ma esiste un atteggiamento che APRE l’ascolto dell’altro ed esiste un altro atteggiamento che non apre; un atteggiamento capace di suscitare empatia, un altro che invece provoca chiusura, rifiuto.
Gesù sa di avere qualcosa di importante da dire, da insegnare; da grande comunicatore quale è, lo fa nel migliore dei modi: sceglie di mettersi alla pari degli altri, in un atteggiamento in cui non fa valere la propria superiorità.
E qua potremmo trovare tanti diversi esempi nella nostra vita di tutti i giorni: genitori/figli insegnanti, sacerdoti, medici. Ebbene, tutte le volte in cui qualcuno si pensa superiore a un altro, tradisce questa modalità di Gesù.
Arrivederci al prossimo episodio.
Dario