Sempre aldilà delle letture geopolitiche, che sono un altro mestiere e riguardano anche situazioni dove ci sono grandi numeri, nel senso di quantità di persone e interessi in gioco, tutto ha una radice: uno dei motivi, molto radicato nell’animo umano, per cui a volte scattano le guerre è quando il nostro punto di partenza è che l’altro mi vuole fregare. È più facile fare la guerra nel momento in cui si vive una sostanziale sfiducia nell’altra persona.

Qua non si tratta di essere ingenui: ma se io mi armo, fosse anche semplicemente con qualunque oggetto che mi deve difendere dal mio vicino di casa – il quale vicino di casa mi pesta lo zerbino, e io penso che lo fa per dispetto – è chiaro che l’altra persona, vedendo questo mio gesto di armarmi, inizierà a preoccuparsi e allora dovrà iniziare a pensare che deve difendersi da me. Ma io, vedendo che lui si difende da me, lo leggerò come “lui mi vuole attaccare”: e, in questo caso, si va in escalation, fenomeno estremamente noto in psicologia, che va sotto il nome – appunto – di “escalation simmetrica”.

Ma tutto parte dal fatto che io non ho fiducia del mio vicino di casa, ancora prima che lui mi dimostri che ho motivo di preoccuparmi. Invece, se il punto di partenza è la fiducia, costruirò dei percorsi che, sempre con attenzione e senza ingenuità, però mi avvicineranno all’altro.

Non si ha molta possibilità di uscire da simili situazioni se non iniziando a costruire percorsi positivi: a un certo punto bisogna fermare il male. Per questo servono percorsi lunghi. Sono percorsi lunghi e difficili, però non puoi non farli: due errori non fanno una cosa giusta.