Sembra che ci risiamo.
Il numero di contagi aumenta, le preoccupazioni aumentano e si impongono scelte non facili. Sinceramente non vorrei essere al posto di chi, governo ed opposizione, amministrazioni regionali e comunali, si trova a gestire questa situazione e deve operare delle scelte.
Però, da persona qualunque che va a lavorare, qualche considerazione la posso fare a partire dalla mia esperienza quotidiana di quest’ultimo periodo.
Avendo incarichi in RSA e strutture sanitarie per persone con disturbi psichici noto che la sofferenza dovuta alla solitudine sta aumentando ed il rischio ora è che ne uccida di più la solitudine subita piuttosto che il Covid. A partire dall’estate era stata tentata una timida ripresa delle visite tra parenti ed ospiti, non in ogni struttura a dire il vero, e i responsabili sanitari che si sono incamminati lungo questa direzione hanno preso ogni possibile precauzione adottando rigide norme di sicurezza e sino a metà ottobre tutto si è svolto nel migliore dei modi possibili. La chiusura generalizzata dei servizi residenziali prevista dal 16 ottobre da Regione Lombardia ha punito oltre misura gli ospiti, i familiari e gli operatori delle residenze sanitarie. Una chiusura che vista dall’interno, da chi vive quella realtà, pare eccessiva anche per i tempi lunghi previsti per il ritorno ad una presunta normalità. Ha senso che delle persone fragili non vedano i loro familiari per oltre un anno? Chiusi in un posto che per quanto pulito, accogliente, attento non è casa propria.
Se un adolescente fa molta fatica a stare a casa cosa dire di un anziano che può solo muoversi per i corridioi di un reparto? O di un malato psichico che vede solo altri malati e personale sanitario per mesi e mesi?
Queste realtà non erano da chiudere. Prevedere rigidi protocolli di sicurezza sì, chiudere no. Forse bisognerebbe chiedere l’esercizio dell’obiezione di coscienza da parte dei responsabili sanitari? A patto che i familiari non sfruttino l’occasione per ulteriori lamentele.
Altra considerazione: dal mese di giugno mi è capitato di uscire per una pizza con familiari o amici. Sempre prenotando il posto! Quindi senza arrivare all’improvviso pretendendo di entrare ma non in tutti gli esercizi di ristorazione ho visto lo stesso impegno a rispettare le norme di sicurezza. Sale eccessivamente affollate, menù cartacei che passavano di mano in mano ed altre disattenzioni sono state più che un’eccezione. Tanto da smettere di uscire a mangiare!
Ora i locali chiudono prima di cena e ciò è, ovviamente un danno economico notevole per molte persone. Forse, dico forse, una possibile strada avrebbe potuto essere quella di sanzionare in modo esemplare chi, gestore di una pizzeria, bar, ristorante o altro, non rispettava lui per primo le regole di sicurezza prendendo più prenotazioni di quelle consentite. O commettendo altre trasgressioni. Chiusura del locale fino a pandemia finita e nessun contributo, premiando così chi, con molta fatica, ha lavorato con responsabilità.
Grande parola: responsabilità. Qualunque cosa essa sia possiamo dire che in pochi oggi se la prendono sulle spalle per il bene di tutti.