La carità non consista nel risolvere il problema del fratello, ma il tuo problema di essergli fratello.

Non devi sfamare gli affamati. Devi solo condividere il tuo pane con la fame dell’altro. Così farai quel gesto, semplice e possibile a tutti, che, se tutti lo fanno, risolve veramente il problema. La fame infatti c’è perché non c’è solidarietà. Altre soluzioni, anche se apparentemente più efficaci, sono in realtà possibili solo al ricco che causa la fame. Invece di dare per misericordia un linimento a chi percuoti, smetti di percuoterlo. Invece di dare l’elemosina, non vivere in quel modo che causa la povertà” (Lettera a Sila, S. Fausti, Ed. PIEMME)

Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia;

si eliminino non soltanto gli effetti ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in modo che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventino sufficienti a se stessi.” (Decreto sull’apostolato dei laici APOSTOLICAM ACTUOSITATEM, 18 novembre 1965)

Perché queste due citazioni, valide per tutti e non solo per i credenti? In questo periodo siano sommersi dalle richieste di offerte, di donazioni. E sia chiaro che approvo il gesto di donare denaro a favore di chi ha più bisogno. Però questo gesto, di per sé buono e meritevole, non è e non deve essere un tappeto sotto cui nascondere le ingiustizie che poi, per essere affrontate, richiedono donazioni. L’epidemia ha scoperchiato il vaso di Pandora degli ingiusti meccanismi che stanno regolando la nostra vita, ora non lasciamoci tacitare le coscienze con qualche buon gesto. Molti dei problemi che che ci troviamo ad affrontare non nascono con il coronavirus, la statua d’oro, argento, bronzo e ferro che doveva darci benessere e prosperità nei secoli ha i piedi d’argilla.

Un invisibile virus la sta facendo crollare.

(Foto di Wokandapix da Pixabay)