Oggi, Venerdì Santo in tempo di coronavirus.
Questo giorno, da che mi ricordo, mi ha sempre sollecitato tantissime riflessioni ed emozioni. Avrei così tanto da dire che preferisco non dire nulla ed affidarmi ad una storia vera. Qualche giorno fa mi ha telefonato una persona per sfogarsi. La moglie soffre di una malattia degenerativa già da molto tempo tanto che si è reso necessario un ricovero. È una malattia mortale, lenta ed inesorabile. Il marito mi ha confidato che preferisce che lei muoia della sua malattia, almeno così può tenerle la mano in quel momento, piuttosto che adesso di questo virus dove morirebbe da sola. Forse soffrendo meno, forse, ma sola. Quest’uomo non è, almeno così dice lui, credente. Sarà! Comunque sia ha esplicitato una verità profonda: la malattia peggiore è la solitudine. Essere soli.
Diceva uno che la pena peggiore da comminare ad una persona sarebbe dargli la libertà di fare quello che vuole in un mondo dove nessuno si accorge di lei.
Questo marito insegna cos’è l’amore fino all’estremo e soffre oggi perché non può tenere la mano della moglie. E forse prega! Ma ha poca importanza. Questa persona mi ha insegnato che Gesù, morendo in croce non da eroe ma solo, solo!, ha detto a ciascuno di noi “Io sono con te, non ti lascio solo”. E da credente mi sento di chiedere a Dio che accontenti quest’uomo, marito, padre.
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