La prima domenica di Quaresima si leggono i primi undici versetti del capitolo quattro del Vangelo di Matteo. In essi si narra che Gesù passa quaranta giorni, e quaranta notti, nel deserto. Per di più digiunando! Al termine di questo lungo periodo, dove il numero quaranta è simbolico e rappresenta il tempo opportuno, necessario, ha fame.

Cosa c’è di più naturale che avere fame dopo tutto quel digiuno? A quel punto arriva il diavolo che lo invita a mangiare sfruttando la capacità di Gesù, in quanto Figlio di Dio, di trasformare le pietre in pane. Cosa c’è di strano? Se hai fame allora mangia! Gesù però da una risposta alquanto strana “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

Che c’entra la parola di Dio con la situazione descritta?
Se hai fame mangia, a pregare, meditare, contemplare, parlare con Dio ci penserai dopo. C’è un tempo per ogni cosa: c’è un tempo per mangiare e uno per pregare! Ma il problema è proprio quello: separare il fatto dal suo significato! Separare la concretezza da ciò a cui essa rimanda! La parola diavolo deriva da dia-ballo che significa dividere al contrario di simbolo, che deriva da syn-ballo che significa tenere insieme, unire. Il diavolo è il divisore, colui che separa il concreto della nostra esistenza da ciò che significa e riduce il significato a “scelta ovvia e tecnicamente corretta”: mangia!

Gesù unisce.
Non nega il cibo, sa di avere fame e sa di aver bisogno di mangiare ma questo bisogno non può e non deve separarlo da Dio. Due domande: in questo tempo di forte preoccupazione vogliamo tenere insieme il fatto con ciò che significa? Se diciamo di sì come possiamo agire per un corretto discernimento e non lasciarci andare a facili schematismi e giudizi?